giovedì 28 agosto 2008

Libri letti / Film visti

Oggi mi andava di buttare giù una lista di cose fatte, avendo appena finito l'ultimo Nick Hornby (ancora mi metto a compilare cose come "La top 5 dei miei album post punk preferiti"... come "Alta Fedeltà" mi ha insegnato), e quindi sono andato con le ultime letture e visioni.
Eccole qui.

Libri letti:


Nick Hornby - Tutto per una ragazza
Il Mio Parere:

Walter Tevis - L'uomo che cadde sulla terra
Il Mio Parere:


Simon Goddard - The Smiths, The songs that saved your life
Il Mio Parere:




-The Smiths: The queen is dead-



Film visti:


X-Files: Voglio crederci, di Chris Carter
Il Mio Parere:

Il cavaliere oscuro, di Chris Nolan
Il Mio Parere:


I figli degli uomini, di Alfonso Cuaron
Il Mio Parere:


Be kind rewind, di Michel Gondry

Il Mio Parere:



-Il Cavaliere oscuro, il trailer-

sabato 9 agosto 2008

Pink Floyd: Animals Tour Bootleg


Devi essere una forza, e avere una gran volontà,

dormire con un occhio aperto,

e quando sei per strada devi essere in grado

di scegliere la carne facile senza nemmeno guardarla.

E poi, entrando silenziosamente, controvento, non visto,

devi colpire al momento giusto,

senza pensare.

E dopo un po’ potrai cominciare ad avere stile:

indosserai la cravatta del club, avrai una stretta di mano sicura,

un certo sguardo negli occhi,

e un sorriso facile;

devi conquistarti la fiducia delle persone a cui menti,

di modo che, appena si volteranno dall’altra parte,

avrai l’occasione di pugnalarle.


Devi stare sempre all’erta

Perché si farà difficile, sempre più difficile,

invecchiando.

Ma alla fine farai le valigie, prenderai un volo per il sud,

dove nasconderai la testa nella sabbia:

e lì non sarai altro

che un altro uomo vecchio e triste,

completamente solo,

che muore di cancro…


E quando allenterai il controllo

raccoglierai quello che hai seminato,

e mentre la paura crescerà

il sangue cattivo rallenterà e si farà pietra.

Ma è troppo tardi per abbandonare il peso

che ti serviva per farti grosso,

e allora fatti una bella bevuta

mentre continui ad affondare

e scendi sempre più giù,

completamente solo,

trascinato dal tuo masso.


Devo ammetterlo:

sono un po' confuso.

A volte ho come l’impressione di sentirmi usato:

devo rimanere ben sveglio , cercare di scacciarlo,

quest’inquietante malessere;

se non tengo duro

come posso sperare di venir fuori da questo garbuglio?


Cieco, sordo, e muto,

non fai altro che dirti

che tutti sono sacrificabili,

e che nessuno ha dei veri amici.

E ti sembra che quello che fai non sia altro

che selezionare i vincenti,

che tutti i giochi sono ormai fatti,

e quello che credi nel profondo

è che tutti siano in grado di uccidere.


Chi è quello che è nato in una casa colma di dolore?

Chi è quello che è stato allenato a non sputare controvento?

Chi è quello a cui è stato imposto cosa fare da chi conta?

Chi è quello che è stato fatto a pezzi da personale qualificato?

Chi è quello a cui sono stati messi collare e catene?

Chi è quello a cui è stata data una pacca sulla spalla?

Chi è quello che si stava allontanando dal branco?

Chi è quello che era uno sconosciuto nella sua stessa casa?

Chi è quello che alla fine è stato oppresso?

Chi è quello che è stato trovato morto al telefono?

Chi è quello che è stato trascinato giù dal suo masso?

(Dogs, Roger Waters)


MusicPlaylist



C'è un adagio che è noto a molti appassionati di musica, a molti ragazzi indie, o comunque in generale a chi legge la stampa specializzata (non troppo rétro). Che sarebbe: gli ultimi Pink Floyd fanno schifo, i veri PF -quelli che contano- sono quelli di Syd Barrett. O quasi. In realtà le accuse si rivolgono perlopiù al materiale della band da "Dark side of the moon" in poi.
In poche parole: "Dark side..." è una palla da frichettoni, e non di meno "Shine on you crazy diamond". Mentre il resto non conta più ("The wall" sarebbe solo un esercizio di grandeur. Come se stessimo a parlare, non so , di Michael Jackson che fa Earth Song...).
Ovviamente non sono molto d'accordo (soprattutto su "Dark side...", mentre capisco che "Shine on..."sia un po' una psichedelia -molto rallentata- fuori tempo massimo...via, eravamo già nel '75, etc etc. Su "The wall" lascio stare che sennò non ne esco più).

E allora cosa rimane di cui parlare?
Non abbiamo finito gli album? No, perché c'è "Animals"

(Avverto sbigottimento nelle prime file e risatine malcelate nelle ultime).

Sì, ho detto "Animals".
Ora, non intendo fare revisionismo e lanciarmi nella tendenza molto in voga (soprattutto sul web, ma non solo) degli album sottovalutati dalla critica e dal pubblico dell'epoca, i cosiddetti "Capolavori incompresi" e via dicendo, che è magari troppo; eppure "Animals" non merita la fine di "Cut the crap" dei Clash o di "Human touch" di Springsteen o di "Re-Ac-Tor" di Neil Young (che invece stanno bene lì dove stanno: nel dimenticatoio).

Ho le mie ragioni per difendere "Animals". Principalmente:

-"Animals" è la dimostrazione che ogni volta che Gilmour diceva di avere poco spazio quando Waters era nella stanza dei bottoni sparava balle. Perché qui ha avuto tutto lo spazio che voleva. Solo che i fans tendono a scordarselo perché (bè, magari anche perché dimenticano proprio l'album) qui la sua fender non ha quel bel sound gentile, liquido (su cui aveva messo le mani in Echoes di Meddle, e che poi non mollerà più) e preferisce invece suoni aspri, taglienti (cosa inevitabile considerato che l'album è quanto di più distante ci possa essere dagli svarioni magari un po' melliflui di Shine On).

-"Animals" è un album crudele, senza pietà. Non ne aveva all'epoca per i fan che magari si aspettavano uno "Shine on" 2, e di sicuro non ne ha per la società che dipinge: Cani, Pecore, Porci (anche Alati). Cioè più o meno tutti noi: chi tira le redini del gioco (i Porci, che prendono le decisioni, quelli in cima alla catena sociale ed economica), chi esegue i loro ordini senza alcun umana comprensione o sentimento (i Cani, che possono arrivare anche ad uccidere, o comunque a pugnalare alle spalle semza problemi, si veda la mia traduzione di sopra), e chi rimane supino, ad accettare tutto questo (le Pecore, le quali non si pongono troppe domande pur di essere lasciate stare, di avere la loro famiglia, la loro casetta, etc).

-"Animals" è uscito nel '77, mentre i punk sputavano in faccia al sistema (o almeno alle effigi della regina). Roger Waters in queste 5 tracce fa lo stesso. Solo lo fa con pezzi di 15 minuti, e prendendo un po' a prestito da George Orwell. Non so se il primo sia un crimine, ma comunque sia la musica rock raramente è stata così diretta, politicamente significativa, cinica, e motivante (certo, sempre che uno capisca o ci voglia credere- questo va da sé). Esempi che mi vengono in mente? Revolution dei Beatles/Lennon, We won't get fooled again degli Who. I primi che mi vengono, d'accordo, ma non sono poi così tanti i casi. I più (quelli che parlano di politica senza troppe metafore) hanno sempre tirato fuori cose piuttosto retoriche, senza grande nerbo. Basta leggere invece l'ultima strofa di Dogs qui sopra per farsi venire un certo brivido. Un brivido che mi è sempre venuto con le canzoni più "cattive" di Waters, derivate credo dall'impressione che quest'uomo sappia essere allo stesso tempo incredibilmente crudele e nel giusto. Canzoni come queste (o altre che ha scritto, tipo quelle nel suo LP solista "Amused to death") mi danno quel senso da "Like a rolling stone", quel senso di qualcuno che ci gode a prendere a calci nei denti i peggiori porci della nostra società.
Un po' quella sensazione che hanno sicuramente provato molti italiani quando 15 anni fa vedevano altri italiani tirare monetine addosso ad un Bettino Craxi in fuga.

Sto magari calcando la mano, ma solo per dare -ancora una volta- un'idea di quello che penso "Animals" voglia essere: un dipinto a toni scuri, volutamente monocorde di un'umanità moralmente degenere, da mettere al bando.

E' ovviamente facile comprendere perché molti non si riconobbero come fans di questi Pink Floyd: niente ballate per indolcire le "quite desperation" di cui "Dark side..." parlava, niente catartici anthems su cui spiegare la voce (ho visto coi miei occhi 50enni alzare le mani al cielo e cantare a squarciagola il refrain di "Shine on..."), e al loro posto pezzi di musica che assomigliano di più a canzoni di protesta folk procrastinate oltre l'immaginabile durata con intermezzi di chitarre acide e a-melodiche (e tastiere un po' sconclusionate) e con un cantante che non sembra mai trovare un ritornello preferendo far correre la propria voce in lunghe cavalcate di strofe verso un ultima riga che si concluderà inevitabilmente con un urlo. Un ululare alla luna per disperazione quasi (ancora una volta mi torna in mente Dylan: non è così che concludeva quasi tutte le strofe in "Blood on the tracks", forse?).

Se la cosa non vi interessa ok. Se invece così non è il mio consiglio è (oltre ovviamente a quello di andare a cercarvi "Animals", su questo blog per esempio) di andare a scaricarvi il meraviglioso concerto del tour di Animals a Oakland sul forum di guitars101 (andate in fondo alla pagina e troverete i 4 link attivi di rapidshare: magari ci vorrà un po' per il download completo ma ne vale la pena). Qui in alto, sotto il testo, potete sentire la Dogs tratta da quel bootleg. Un bootleg che mi ha dato il via per questo post perché ascoltandolo (tra l'altro la qualità è spaventosamente alta per un bootleg dei Pink Floyd dell'epoca: credetemi) mi si è chiarificato quello che avevo in parte intuito vedendo Dogs dal vivo in un tour di Roger Waters qualche anno fa, e cioè che "Animals" è fatto per non essere musica da sottofondo. E' (stato) fatto se non per essere ascoltato al volume più alto possibile (non è né "Never mind the bollocks" né "Ziggy Stardust"), è sicuramente un album che richiede tutta l'attenzione che possiamo dargli. Non potete canticchiare Dogs o Sheep sotto la doccia perché l'idea è che probabilmente dobbiate mettervi in un posto comodo, spegnere la tv, smettere di leggere i blog o cercare cose su google e fare soltanto quello. Roba molto inattuale, me ne rendo conto.

Per chi (come è accaduto a me) venisse messo KO dal bootleg che dicevo: esiste anche una versione lossless su Quality Boots.
Ultima cosa su questo concerto: oltre alla riproduzione per intero dell'album vengono eseguiti anche l'intero "Shine on..." (la cui seconda parte della title-track è formidabile), e se leggerete le varie note del recensore nonché (parziale) responsabile del mixaggio vi accorgerete di quanto quello fosse stato un concerto memorabile e fuori dall'ordinario per i Floyd: il pubblico fu molto partecipe senza essere rumoroso o fastidioso (Waters arrivò persino a sputare addosso ad un "fan" nelle prime file nel famigerato concerto del 6 luglio a Montreal reo di essere ubriaco e di non fare altro che schiamazzare in compagnia dei suoi amici per tutta la durata dei set), tanto che tornarono inaspettatamente per un secondo bis ed eseguirono (per la prima vota da un bel pezzo e per l'ultima volta nella loro carriera) Careful with that axe Eugene.
E poi ascoltate, per favore, cosa viene fuori da Pigs: con quale trasporto suona Gilmour e come la canta Waters. Ma è l'intera performance ad essere incredibile per potenza e convinzione.

mercoledì 6 agosto 2008

Folk(-Rock) Britannico #1: Lal Waterson


Mentre dormo nel mio letto

Strani pensieri mi attraversano la mente.

Ho sognato

Che stavi giocando coi miei capelli.

Fringuello splendente, splendente Cavaliere.


Cade la pioggia ed il vento ruggisce

Tutti stanno dentro, in casa.

Noi attraversammo un guado

Correndo nella brughiera.

Fringuello splendente, splendente Cavaliere.


I tuoi sogni nei miei sogni

Sono mari azzurri nei raggi del sole;

Ombre di blu, ombre di verde

Questi sono i tuoi sogni nei miei sogni

Fringuello splendente, splendente Cavaliere.


Buongiorno a te, contadino

Brindo al tuo cuore, alla tua famiglia, alla terra.

Ti pagherò un anello ed un bracciale d’oro

Il tuo campo, solo per poter andare a cercare

Un Fringuello splendente, uno splendente Cavaliere.


Signore e signora, sembra mattina,

La mia famiglia è morta, il mio cuore è sepolto,

Non ho alcuna terra: non è tempo per coltivatori questo

Né per Fringuelli splendenti o splendenti Cavalieri.


Mentre dormo nel mio letto

Strani pensieri mi attraversano la mente.

Ho sognato

Che stavi giocando coi miei capelli.

Fringuello splendente, splendente Cavaliere.


(Fine Horsemen, Lal Waterson).


Ancora una volta mi trovo a scrivere spinto un po' dal caso: qualche settimana fa mi è capitato di trovare, mentre frugavo in un negozio polveroso dell'usato (abbastanza noto nel veronese più che altro a genitori affranti dal costo dei libri scolastici e che ripongono nel negozio di cui sopra la lo
ro fiducia sperando così di vedere un po' dei loro soldi investiti nell'educazione dei loro figli restituitagli grazie alla vendita dei libri dell'anno precedente come usato...speranza spesso mal riposta, ma tralasciamo), perlopiù concentrandomi su vecchi LP. Concentrazione che venne presto meno (non sono il tipo da rivalutare cose come "Festivalbar '84" o Mino Reitano), e così distolsi il mio sguardo e -eccoci finalmente al punto- trovai un libro. Un apparentamente anonimo "Folk inglese e musica celtica" (di Antonio Vivaldi, pubblicato da Giunti), parte di una serie a cura di Riccardo Bertoncelli...e il vecchio Bertoncelli fece sì che mi fidassi e l'acquistassi. Oddio, un po' fecero i miseri 3 euro di prezzo o qualcosa del genere. Ma tant'è.
Lo feci principalmente per due o tre motivi che posso riassumere molto brevemente: Richard Thompson, Sandy Denny e Fairport Convention. Insomma 3 nomi che la fanno da padrone sul mio ipod. E da un pezzo.

Fatto sta che tornai a casa, e da allora (grazie a internet più che altro, dato che i distributori italiani non sembrano essere particolarmente inclini ad assecondare i miei gusti, e preferiscono invece -ci fosse un dio di sicuro li punirebbe- ignorare la maggior parte di questa musica...) ho avuto modo di trovare più di un musicista che mi aggrada. Anzi, ne ho trovati a pacchi (ecco il perché del "#1" del titolo, l'avrete intuito).

Ma venendo al dunque:
Lal Waterson è sorella di Mike e Norma Waterson,assieme ai quale è fondatrice cantante dei Watersons, un gruppo di musica tradizionale inglese su cui qui non mi dilungherò (basti sapere che le loro erano canzoni perlopiù non accompagnate, a differenza di quelle presenti nei loro lavori da solisti). Lal sbocciò come autrice di canzone nel periodo successivo alla pausa dalle attività che si presero i Watersons dopo il 1966 (la sorella andò a fare il dj...ai tropici! Non proprio quello che ci si aspetterebbe da una protagonista della scena folk, abituata a frequentare e suonare in pub fumosi etc etc...), cioè quando iniziò a mettere in musica le poesie che scriveva.
Fu così che nacque il piccolo miracolo chiamato "Bright Phoebus" a nome Lal e Mike Waterson.
Non sarò così presuntuoso dal mettermi a trinciare giudizi (o almeno non subito..datemi un 20, 30 righe, ok?), eppure quella Rubber Band iniziale (presumo di Mike però) mi suona come una Magical Mistery Tour suonata e cantata da folksters: te li immagini a saltare e battere le mani (un po' insensatamente magari) mentre la cantano e ti viene un po' da sorridere. Ed è essere cinici pensare che sia solo una robetta stupida. Ma la canzone che segue di lì a poco, Fine Horsemen (qui sopra la mia traduzione del testo) è un altro pianeta. Probabilmente è anche il pezzo che mi parla e mi dice di più: canzone di amore e morte e canzone che racconta di quel senso di dislocazione che si ha dopo aver subito una perdita, Fine Horsemen è il gioiello nel ricco lotto di preziosi che è "Bright Phoebus". Basterebbe, forse, anche solo la chitarra (non mi è riuscito di capire se si tratti di Richard Thompson o Martin Carthy), che tratteggia la desolazione come solo un arpeggio può fare a rendermi estremamente contento di essermi imbattuto nel libro di Vivaldi, credo.
Un'idea può darla questa versione eseguita dalla figlia di Lal, Marie, durante una serata-tributo alla memoria della Waterson:



Il resto dell'album non delude, anzi, inanellando esempi di folk rock in senso lato che meritano tutti i soldi di un CD (a trovarlo...), seppure canzoni così -è inivitabile- non si possono ripetere.
Nel 1977 u
scì un altro album di Lal ("A True Hearted Girl"), questa volta in compagnia della sorella Norma, su cui non mi soffermo (in parte perché non lo conosco ancora abbastanza bene, in parte perché non mi pare sui livelli del precedente e del successivo. Ovvio che però potrei sbagliarmi e di brutto), per passare al piatto forte, o quello che presumibilmente dovrebbe esserlo per chi ha meno di 40 anni (la mia mano è alzata), cioè quel "Once in a Blue Moon" (di 20 anni successivo: è del 1996) a nome Lal Waterson & Oliver Knight (ma sempre questione familiare è: trattasi infatti del figlio, autore, chitarrista e produttore).
Quello che è "Once in a Blue Moon" sarebbe meglio esplimerlo con dei colori: scuri, gradazioni di blu, di nero, di argento. Un disco con chitarre meravigliose, cesellate finemente, ma sempre utili (solo nel quasi hard di Phoebe le scelte di arrangiamento di Knight non convincono appieno). La voce della Waterson è ferma ma si piega ogni volta che deve per dare qualcosa di più. Morì di lì a poco (nel 1998: era malata), ma la sola Cornfield basterebbe per farla vivere per sempre: se qualcuno potesse immaginare un Thom Yorke a 50 anni chinato su una chitarra acustica e a cui venga chiesto di suonare una sola canzone e poi smettere di suonare per sempre...bè, quello che suonebbe (almeno per me) non potrebbe che assomigliare a Cornfield. Canzone su un omicidio sottinteso, una canzone che percorre strade in parte già tratteggiate da un Nick Cave o da un Johnny Cash, Cornfield evoca un'atmosfera da fine del tempo facendoci sperare che non finisca mai: una melodia si muove lenta come un fantasma e presto svanisce in un discreto frusciare di chitarre acustiche.
Provate ad ascoltarla:


MusicPlaylist



Cerco di chiudere a questo punto e spiegare perché "Once in a Blue Moon" può essere un album per chi non ha visto di persona gli anni '60: perché per quanto il cuore di Lal Waterson portasse tutti i segni della tradizione musicale inglese quello che ne esce qui evita di seguirne i dettami, e traccia un segno tra passato e presente, distanziandosì così prepontentemente da "Bright Phoebus" e "A True Hearted Girl", e donandoci una musica che non suona spesso meno attuale di un "Ok Computer" o di un "Neon Bible". Molto del merito sarà sicuramente delle chitarre leggere e lucenti di Oliver Knight, tanto importanti quanto può esserlo -mettiamo- il basso di Hook per "Unknown Pleasures" dei Joy Division. Ciònondimeno basterebbero la qualità della scrittura della già citata Cornfield, ma anche Flight of the Pelican, o Dazed (etc etc)...per iscrivere "Once in a Blue Moon" nella categoria dei capolavori.

Per chi cercasse "Once in a Blue Moon" sul web consiglio di fare un salto a vedere Misha4music.