Naturalmente per chi non li conoscesse lo spettacolo di un concerto dei Carnera è qualcosa tanto complesso a spiegarsi quanto è stratificata la loro musica: chi ha parlato con loro sa che dai (tre) chitarristi al bassista e al batterista i generi che navigano nelle loro autoradio, nei loro lettori musicali, nelle loro teste sono non solo molto diversi ma soprattutto diversi per ognuno di loro. Così per ogni accordo percosso da Gianmaria à la Clash c’è un fraseggio della chitarra di Bomma che circuisce il metal, o un frusciare di basso di Fede che si bagna nei mari della giamaica. E poi ci sono Gianmaria e i suoi versi. Perché Gianmaria può urlare, può cantare con la sua intonazione da Ian Curtis che comunque, per poche che siano le note che tocca (perché un mondo ideale della musica non è un mondo di melismi da dive del soul, ma è un mondo dove chi canta lo fa per agire sulla musica che fa, e non per abbellirla) ognuna di queste note parla di sé, di lui, di noi persino. Forse perché l’arte dovrebbe essere inclusione e sintesi. E forse un po’ è questo che fa il cantante dei Carnera: racchiude in sé un mondo (spesso di bruttezze) per poi sintetizzarlo in testi dove il sarcasmo può essere tale e tanto da rendere ogni ingentilimento della musica commovente, anche se la dolcezza che ne viene è in fondo solo una finzione, un schiaffo in faccia per dire che per quella roba lì, per quella dolcezza, non c’è spazio.
Ma il concerto prosegue. E i Carnera macinano canzoni come un mostro a cinque teste che non teme nulla: così ad esempio in Quelli come noi non sanno vivere, la loro canzone ultimata solo di recente, non temono di cucire assieme tutti gli elementi del loro puzzle-rock con riff che rimbalzano di chitarra in chitarra, con basso e batteria che si incontrano e giacciono spesso insieme come amanti che non riescono a restare divisi; il tutto insomma forma un amalgama sonoro duro, tagliente, e che pure non sbava, non udendosi cioè mai uno strumento che sembri suonare troppo.
Ed è proprio in questo pezzo che forse riesce loro la quadratura del cerchio: avere una canzone decostruita suonata da musicisti “decostruiti” a loro volta. Il che sarebbe musicisti che suonano canzoni in cui non ha più senso parlare di chitarra ritmica vs. solista, e non per un rigore estetico punk in cui gli assoli vengono banditi, ma perché ogni strumento è uno spazio che viene riempito, perché ogni strumento è il tassello di un puzzle. Tanto da fare pensare che per un certo verso i Carnera facciano con sonorità perlopiù new-wave/post-punk (o comunque con un attitudine fortemente rock) qualcosa che si avvicina al post-rock fatto da gente come i Tortoise, che decostruiva appunto la forma canzone: ma laddove quella scuola post-rock era algida e spesso distantissima dall’approccio rock’n’roll i Carnera sono caldi e il rock lo trasudano da ogni poro. Ma si farebbe loro un torto se, al di là di queste riflessioni, non si riconoscesse loro almeno un’altra cosa, e cioè che sono tanto belli da vedere quando alzano il ritmo, quanto lo sono quando i giri si fanno più lenti e, come per miracolo (in Valentina per dirne una) si tramutano in una piccola macchina dub: il basso rotola piano, la batteria ricama controtempi, la chitarra di Dodo strozza la sua voce in piccoli lamenti wah wah e quella di Bomma mormora liquidi accordi sotto effetto chorus.
E allora Bomma, Gianamaria, Fede, Manu e Dodo si sorridono forse un po’ di più in quei momenti. Magari anche perché riescono a guardarsi un po’ attorno e vedere che il pubblico c’è, e gli sorride di rimando.
Un video dal concerto - "Gesù ha un kalashnikov in mano":
"Ora Gesù ha un kalashnikov in mano
E punta proprio dritto su di me
Te lo assicuro, io non sono un buon cristiano
E’ giusto, mi merito le sue pallottole
Ha due o tre modi per sembrare più carino
Diretto, sensibile, più fico e protettivo
Ma stasera la sua grazia proprio non la merito
Stasera la sua grazia proprio non la merito
Ora Gesù ha un kalashnikov in mano
E punta il dito sulle mie depravazioni
Ha guardato a lungo quanto io sia poco umano
Offendendo gli altri con le mie ingiurie ed umiliazioni
Ora Gesù ha un kalashnikov in mano
Mi ama al punto che non riesco a capire
Se c’è più gusto nel spararmi e poi fuggire
O perdonarmi, indottrinarmi per spararmi e poi fuggire
Ora Gesù ha un kalashnikov in mano
E conosce tutto di me
Sa che a sei anni non socializzavo
Sarà per questo che la mia amicizia è sterile
Sa infatti che a nove anni non piacevo
Mi spiego: non piacevo e non mi piacevo
Sa che a dieci anni non piangevo
Sarà per questo che non piango più
PS
Grazie a Giamma per i testi che mi ha spedito e grazie a tutti i Carnera per la loro musica. Andate a vedere le date dei loro concerti tra Verona e provincia sulla loro pag. myspace (tra i link "LE BAND" qui a lato).
In conclusione aggiungo anche quello che forse è il mio testo preferito di Giamma, "Le piante non tradiscono":
"La felicità ha dei limiti
Fiscalmente ha troppi costi e troppo poco deducibili
E’ un sentimento che non posso proprio fingere
E’ questo amore, il tuo amore, che mi manca
E’ questo amore, il tuo amore, che mi manca
La felicità mi perseguita
La natura, sua fortuna, è troppo stupida
La tristezza è nel mio DNA
Non ho mai visto un tulipano piangere
Non ho mai visto un tulipano piangere
Voglio morire stanotte da solo
Voglio sentirmi senza un cuore e senza un lavoro
Voglio poter fotosintetizzare il mio respiro
E poter paralizzare il mio apparato digestivo
Le piante non tradiscono mai
No! Mai!
La felicità è una puttana
La felicità è una puttana
La tristezza è nel mio DNA
Non ho mai visto un tulipano piangere
Non ho mai visto un tulipano piangere
Voglio morire stanotte da solo
Voglio sentirmi senza un cuore e senza un lavoro
Voglio poter fotosintetizzare il mio respiro
E poter paralizzare il mio apparato digestivo
Le piante non tradiscono mai
No! Mai!
La felicità non conta, la felicità non conta, la felicità non conta
Non conta gli alberi che ogni anno bruciano
Non conta gli uomini che ogni anno soffrono
Non conta i bracconieri, i profughi, le mine antiuomo
Il protocollo Kyoto, i danni al buco dell’ozono
La prevenzione sanitaria, il turismo sessuale
Gli orfani, le baleniere, l’economia mondiale
I proiettili, le bombe, il giornalismo e gli immigrati
I pedofili, gli stupri, il carovita e gli ammalati
Il terrorismo, i kamikaze, i disastri nucleari
I conflitti armati, i rifugiati, i soccorsi umanitari
La malnutrizione, i mitra, i blocchi all’importazione
Le organizzazioni non governative, l’istruzione
Le donazioni, i militari, le armi e gli Stati Uniti
La crisi petrolifera, più ricchi e più puliti
La felicità è una merda"
1 commento:
Caro brother, per un intervento così ci vuole una risposta seria, ed è quella che cercherò di scrivere: devo ammettere che quello che hai scritto è vero, ed i Carnera da un certo punto di vista sono sorprendenti, sono un vero gruppo: se mancasse solo un componente non sarebbe più la stessa cosa, assolutamente; tutti e 5 insieme, quando suonano, sono la perfezione proprio perchè, come dicevi tu, ogni strumento costituisce un tasselo di un grande puzzle. Devo anche dire, solo come fan, che una delle cose in cui sono molto bravi è quella di far partecipare il pubblico, tutte le persone che li ascoltano, dopo il pr4imo minuto non possono non essere ridottte a "schiavi" di questa loro musica...così com è, bella.
Giulia!
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