mercoledì 23 luglio 2008

David Bowie: Station To Station


La produzione di David Bowie negli anni '70 è strabiliante: per qualità e quantità credo si possa paragonare solo a quella di Dylan negli anni '60. Per dire le cose come stanno:"Hunky Dory", "Ziggy Stardust", "Aladdin Sane", "Diamond Dogs", "Station To Station", ed infine la trilogia berlinese di "Low" "Heroes" e "Lodger"... Roba da far tremare le gambe.
Eppure "Station To Station" fatica a trovare il suo posto nella memoria degli appassionati musica, trovandosi a ridosso alla (ultra)citata trasferta teutonica del Nostro. Eppure. Eppure mi sembra a dir poco ingiusto che STS venga spesso visto soltanto come un album "di transizione", come se qui Bowie non fosse totalmente a suo agio con se stesso o non avesse centrato perfettamente il bersaglio.
Perché "Station..." è un album di una bellezza abbacinante. Seppure spaventosa. Seppure tremenda. E lo è tanto di più perché (a differenza che nella trilogia berlinese) qui il duca bianco non abbandona mai la forma canzone (che pure traballa non poco nella title track, attaccata a colpi di funky glaciale e drones di feedback), ma piuttosto la destruttura arrivando al punto in cui il funky e la black music vengono utilizzati con intenti diametralmente opposti a quelli a cui si è abituati. E vale fino a un certo punto chiamare in causa il krautrock in questo caso (certo, le sonorità in comune ci sono, soprattutto coi Can e -direi io- La Dusseldorf e Harmonia, ma non solo) perché i Can ad esempio quando facevano funky era un funky molto quadrato, privato di molto del suo carattere "sexy", d'accordo, ma raramente arrivava ad essere lo spettro di sé come appare in STS.
Prendete perfino l' "allegra" TVC 15: l'iterazione del riff e del chorus è ossessiva quanto un incubo, ed il terreno in cui Bowie si avventura (termine che non può che essere perfettamente calzante per i suoi anni '70) è infatti denso di ombre. Ombre che somigliano a macchinari perfettamente funzionanti e senza pietà, ombre che si allungano fino a perdere forma: la maschera di questo Bowie (il cosiddetto "Thin white duke", il duca bianco) mi appare sempre di più una maschera urlante. Qualcosa che va indietro fino al (tanto amato da lui) 1984 di Orwell ed avanti fino a OK Computer dei Radiohead. Chiamatela, se volete, disumanizzazione dell'uomo.



(David Bowie: Station to station - Live Vancouver, 1976)

Cosa strana poi è che non era mia intenzione parlare di questo. Però domenica mentre peregrinavo (la storia è lunga e la salto a pié pari) mi sono imbattuto in un mercatino. E io di solito ho solo 3 tipi di oggetti che posso voler cercare in un mercatino (dell'usato e non solo), e questa volta non era diversa dalle altre. Ovvero cercavo: dischi, libri e strumenti musicali (inusuali).

Risultati:
-Un Maigret e "L'uomo che cadde sulla terra" (per i libri).
-"Car wheels on a gravel road" di Lucinda Willams e "Station to station" di Bowie (per i dischi: rispettivamente in CD e in vinile. A proposito: la foto che vedete qui sopra è proprio lui. Davanti a qualche pila di CD e con un vinile di "Blood On The Tracks" che spunta da dietro).
-Nessuna fortuna per quanto riguarda gli strumenti musicali inusuali invece (come al solito).

Ed è stato proprio ascoltandolo (più che altro oggi) l'LP ad alto volume sul mio hi-fi (prima ne avevo una copia solo su mp3, se di copia si può parlare) che tutto mi è tornato indietro: l'impatto, la paura, il fascino, persino "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino" (dove la protagonista racconta di essere stata ad un concerto di Bowie ed in particolare della canzone Station to station, seppure non sembri conoscerne il titolo, ma il chorus della seconda parte -"It's too late..."- le si incide nella psiche).
Ecco perché ne scrivo. Perché è questo che gli esseri umani fanno, no? Si raccontano storie terrificanti sulla fine del mondo per affascinare gli altri e togliersi un po' di paura di dosso.

Buonanotte.

PS
Per chi non ne avesse abbastanza:

Leggete di STS su Wiki, oppure potete trovarne una bella recensione anche su Stylus Magazine.

Naturalmente se cercate su qualche download non vi resta che fare un breve ricerca...

Ed infine, per chi volesse una prova della resa live del Bowie del 1976 date un'occhiata allo storico bootleg (il live al Nassau ColiseumUniondale, NY del 03/23/1976) che si trova su Guitars 101.

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