mercoledì 6 agosto 2008

Folk(-Rock) Britannico #1: Lal Waterson


Mentre dormo nel mio letto

Strani pensieri mi attraversano la mente.

Ho sognato

Che stavi giocando coi miei capelli.

Fringuello splendente, splendente Cavaliere.


Cade la pioggia ed il vento ruggisce

Tutti stanno dentro, in casa.

Noi attraversammo un guado

Correndo nella brughiera.

Fringuello splendente, splendente Cavaliere.


I tuoi sogni nei miei sogni

Sono mari azzurri nei raggi del sole;

Ombre di blu, ombre di verde

Questi sono i tuoi sogni nei miei sogni

Fringuello splendente, splendente Cavaliere.


Buongiorno a te, contadino

Brindo al tuo cuore, alla tua famiglia, alla terra.

Ti pagherò un anello ed un bracciale d’oro

Il tuo campo, solo per poter andare a cercare

Un Fringuello splendente, uno splendente Cavaliere.


Signore e signora, sembra mattina,

La mia famiglia è morta, il mio cuore è sepolto,

Non ho alcuna terra: non è tempo per coltivatori questo

Né per Fringuelli splendenti o splendenti Cavalieri.


Mentre dormo nel mio letto

Strani pensieri mi attraversano la mente.

Ho sognato

Che stavi giocando coi miei capelli.

Fringuello splendente, splendente Cavaliere.


(Fine Horsemen, Lal Waterson).


Ancora una volta mi trovo a scrivere spinto un po' dal caso: qualche settimana fa mi è capitato di trovare, mentre frugavo in un negozio polveroso dell'usato (abbastanza noto nel veronese più che altro a genitori affranti dal costo dei libri scolastici e che ripongono nel negozio di cui sopra la lo
ro fiducia sperando così di vedere un po' dei loro soldi investiti nell'educazione dei loro figli restituitagli grazie alla vendita dei libri dell'anno precedente come usato...speranza spesso mal riposta, ma tralasciamo), perlopiù concentrandomi su vecchi LP. Concentrazione che venne presto meno (non sono il tipo da rivalutare cose come "Festivalbar '84" o Mino Reitano), e così distolsi il mio sguardo e -eccoci finalmente al punto- trovai un libro. Un apparentamente anonimo "Folk inglese e musica celtica" (di Antonio Vivaldi, pubblicato da Giunti), parte di una serie a cura di Riccardo Bertoncelli...e il vecchio Bertoncelli fece sì che mi fidassi e l'acquistassi. Oddio, un po' fecero i miseri 3 euro di prezzo o qualcosa del genere. Ma tant'è.
Lo feci principalmente per due o tre motivi che posso riassumere molto brevemente: Richard Thompson, Sandy Denny e Fairport Convention. Insomma 3 nomi che la fanno da padrone sul mio ipod. E da un pezzo.

Fatto sta che tornai a casa, e da allora (grazie a internet più che altro, dato che i distributori italiani non sembrano essere particolarmente inclini ad assecondare i miei gusti, e preferiscono invece -ci fosse un dio di sicuro li punirebbe- ignorare la maggior parte di questa musica...) ho avuto modo di trovare più di un musicista che mi aggrada. Anzi, ne ho trovati a pacchi (ecco il perché del "#1" del titolo, l'avrete intuito).

Ma venendo al dunque:
Lal Waterson è sorella di Mike e Norma Waterson,assieme ai quale è fondatrice cantante dei Watersons, un gruppo di musica tradizionale inglese su cui qui non mi dilungherò (basti sapere che le loro erano canzoni perlopiù non accompagnate, a differenza di quelle presenti nei loro lavori da solisti). Lal sbocciò come autrice di canzone nel periodo successivo alla pausa dalle attività che si presero i Watersons dopo il 1966 (la sorella andò a fare il dj...ai tropici! Non proprio quello che ci si aspetterebbe da una protagonista della scena folk, abituata a frequentare e suonare in pub fumosi etc etc...), cioè quando iniziò a mettere in musica le poesie che scriveva.
Fu così che nacque il piccolo miracolo chiamato "Bright Phoebus" a nome Lal e Mike Waterson.
Non sarò così presuntuoso dal mettermi a trinciare giudizi (o almeno non subito..datemi un 20, 30 righe, ok?), eppure quella Rubber Band iniziale (presumo di Mike però) mi suona come una Magical Mistery Tour suonata e cantata da folksters: te li immagini a saltare e battere le mani (un po' insensatamente magari) mentre la cantano e ti viene un po' da sorridere. Ed è essere cinici pensare che sia solo una robetta stupida. Ma la canzone che segue di lì a poco, Fine Horsemen (qui sopra la mia traduzione del testo) è un altro pianeta. Probabilmente è anche il pezzo che mi parla e mi dice di più: canzone di amore e morte e canzone che racconta di quel senso di dislocazione che si ha dopo aver subito una perdita, Fine Horsemen è il gioiello nel ricco lotto di preziosi che è "Bright Phoebus". Basterebbe, forse, anche solo la chitarra (non mi è riuscito di capire se si tratti di Richard Thompson o Martin Carthy), che tratteggia la desolazione come solo un arpeggio può fare a rendermi estremamente contento di essermi imbattuto nel libro di Vivaldi, credo.
Un'idea può darla questa versione eseguita dalla figlia di Lal, Marie, durante una serata-tributo alla memoria della Waterson:



Il resto dell'album non delude, anzi, inanellando esempi di folk rock in senso lato che meritano tutti i soldi di un CD (a trovarlo...), seppure canzoni così -è inivitabile- non si possono ripetere.
Nel 1977 u
scì un altro album di Lal ("A True Hearted Girl"), questa volta in compagnia della sorella Norma, su cui non mi soffermo (in parte perché non lo conosco ancora abbastanza bene, in parte perché non mi pare sui livelli del precedente e del successivo. Ovvio che però potrei sbagliarmi e di brutto), per passare al piatto forte, o quello che presumibilmente dovrebbe esserlo per chi ha meno di 40 anni (la mia mano è alzata), cioè quel "Once in a Blue Moon" (di 20 anni successivo: è del 1996) a nome Lal Waterson & Oliver Knight (ma sempre questione familiare è: trattasi infatti del figlio, autore, chitarrista e produttore).
Quello che è "Once in a Blue Moon" sarebbe meglio esplimerlo con dei colori: scuri, gradazioni di blu, di nero, di argento. Un disco con chitarre meravigliose, cesellate finemente, ma sempre utili (solo nel quasi hard di Phoebe le scelte di arrangiamento di Knight non convincono appieno). La voce della Waterson è ferma ma si piega ogni volta che deve per dare qualcosa di più. Morì di lì a poco (nel 1998: era malata), ma la sola Cornfield basterebbe per farla vivere per sempre: se qualcuno potesse immaginare un Thom Yorke a 50 anni chinato su una chitarra acustica e a cui venga chiesto di suonare una sola canzone e poi smettere di suonare per sempre...bè, quello che suonebbe (almeno per me) non potrebbe che assomigliare a Cornfield. Canzone su un omicidio sottinteso, una canzone che percorre strade in parte già tratteggiate da un Nick Cave o da un Johnny Cash, Cornfield evoca un'atmosfera da fine del tempo facendoci sperare che non finisca mai: una melodia si muove lenta come un fantasma e presto svanisce in un discreto frusciare di chitarre acustiche.
Provate ad ascoltarla:


MusicPlaylist



Cerco di chiudere a questo punto e spiegare perché "Once in a Blue Moon" può essere un album per chi non ha visto di persona gli anni '60: perché per quanto il cuore di Lal Waterson portasse tutti i segni della tradizione musicale inglese quello che ne esce qui evita di seguirne i dettami, e traccia un segno tra passato e presente, distanziandosì così prepontentemente da "Bright Phoebus" e "A True Hearted Girl", e donandoci una musica che non suona spesso meno attuale di un "Ok Computer" o di un "Neon Bible". Molto del merito sarà sicuramente delle chitarre leggere e lucenti di Oliver Knight, tanto importanti quanto può esserlo -mettiamo- il basso di Hook per "Unknown Pleasures" dei Joy Division. Ciònondimeno basterebbero la qualità della scrittura della già citata Cornfield, ma anche Flight of the Pelican, o Dazed (etc etc)...per iscrivere "Once in a Blue Moon" nella categoria dei capolavori.

Per chi cercasse "Once in a Blue Moon" sul web consiglio di fare un salto a vedere Misha4music.

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